Sito di Giuseppina Soricelli

venerdì 13 gennaio 2012

COME EDUCARE?

Educare creando legami e vivendo i luoghi, intrecciando i fili invisibili delle emozioni e dei sentimenti con le reti concrete, di persone, istituzioni, case, luoghi, costruzioni dell’intelletto umano.
Siamo legati dall’importanza che attribuiamo al lavoro educativo – nelle scuole, nelle comunità, in strada, in ogni luogo – come momento di costruzione della convivenza. Siamo legati dall’importanza che diamo agli affetti, alla cura, alle relazioni e alla reciprocità in esse, ai legami prossimi, familiari, amicali, magistrali.
Noi educatori sentiamo il bisogno di ritrovare i fili della nostra umanità nel rapporto con gli adolescenti e con i giovani, perché sono loro che vivendo fuori da ruoli precostituiti ci interrogano sul senso della vita. Insieme a loro abbiamo imparato e impariamo a lavorare senza l’ombrello di verità incrollabili, ma siamo pieni di paure e timori perché non sappiamo se la strada che intraprendiamo sia giusta.
Ci chiediamo dove e come è possibile educare ed educarsi. Se è possibile produrre comunità. Come può operare la famiglia in una realtà così complessa. Se ci muove verso l’altro ciò che è giusto.
Sappiamo che a scuola, luogo di educazione, in troppi casi la famiglia non c’è, perché è stata lasciata fuori o è molto debole perché avvilita dalle difficoltà della vita. Noi crediamo che qualsiasi attività di inclusione sociale debba in primo luogo ricostituire una relazione di cura, aiutando le famiglie o i pezzi di famiglie esistenti e mobilitando la comunità a farsi "famiglia sociale".
Ci preoccupiamo delle nostre città e del nostro vivere civile. Le città non sono le forti mura e i cantieri - diceva Aristide – la città è la gente che sa cogliere le occasioni che essa offre. Bisogna costruire case ed occasioni ed insieme apprendere e crescere attraverso le occasioni della città. Pensiamo di edificare insieme i legami che istituiscono gli spazi della convivenza e gli spazi urbani, dove gettare l’ancora dei legami sociali cosicché la città torni ad essere innanzitutto la gente.
Cerchiamo di apprendere gli uni dagli altri, ma cerchiamo anche di creare legami: rapporti di prossimità tra persone.
Come raggiungere questo obiettivo?
1 - Assumere la realtà dei ragazzi, accompagnarne la crescita
Entrare in contatto con i ragazzi e con giovani è un’arte difficile, soprattutto quando per molti motivi hanno sviluppato in modo raffinato pratiche di evitamento. I giovani sono sensibili più di ogni altro all’essere e avvertono ciò che è falso ed inautentico a grande distanza. Occorre un grande lavoro su se stessi per essere accettati, un lavoro che non si fa al chiuso e che si fa soprattutto esponendosi agli attacchi. Imparare dalle sconfitte è un’arte difficile.
Ed è difficile accettare l’altro e lasciarsi sedurre prima di poter educare; nel lavoro educativo nulla è a senso unico, senza reciprocità non c’è storia, non c’è crescita. Tirare fuori dallo stato di cose esistenti e attirare a sé sono i due movimenti della relazione educativa che si inseguono circolarmente.
2 - Educare educandosi - crescere insieme; mettere in lavorazione le esperienze;
Nel lavoro educativo interagiscono tra le altre due professioni molto simili, quella dell’educatrice e quella del docente. La possibilità di stretta interazione è legata al fatto che educatori e docenti sono latori di un messaggio educativo il cui contenuto è la persona stessa, "professioni di testimonianza" perché esibiscono se stesse come prova di verità. Perché il testimone – martyr – non diventi martire occorre un’assistenza continua finalizzata a mantenere l’integrità della persona, è necessaria la sistematica osservazione delle relazioni come campo di forze dentro cui sono immersi insieme i ragazzi, gli operatori, le famiglie.
3 - Produrre socialità e comunità; deontologia e diritti di cittadinanza;
Accettazione, restituzione, reciprocità, circolarità definiscono una deontologia degli educatori che è la base negoziale per un patto educativo con il giovane cittadino e la sua famiglia.
L’alleanza e il contratto educativo costituiscono lo sviluppo evolutivo dei sentimenti di appartenenza legati alla cura. Nessun progetto educativo o sociale può svilupparsi in modo sano se non a partire dall’aiuto alla cura o dalla riattivazione della cura, e quindi dall’aiuto a coloro che sono attivi nella cura parentale. Un aiuto finalizzato ad attivare legami sociali più ampli, mobilitazione di energie proprie, cittadinanza attiva,perché solo una socialità più ampia e meglio vissuta consolida i legami prossimali.
4 - Cura parentale, comunità, società. Professioni sociali per sviluppare legami.
Il benessere dei giovani, buona cura parentale e convivenza civile sono tre aspetti dello stesso processo. Il malessere dei giovani è una sorta di indicatore ecologico della cattiva qualità dell’atmosfera sociale in cui ciascuno di noi è immerso.
Nel territorio si stabiliscono e realizzano alleanze tra persone e contratti tra istituzioni. Il modo di prendersi cura dei giovani contribuisce a disegnare nuove organizzazioni locali, una nuova forma dello Stato. I processi di trasformazione delle istituzioni e delle leggi fondamentali dello stato postulano l’esistenza di istituzioni diverse ed autonome che devono continuamente dialogare e negoziare i rapporti. Le reti istituzionali che si occupano dei giovani non possono essere più separate o aggregate intorno alla scuola ma intorno ai rappresentanti dei cittadini, alla municipalità che ha un ruolo di aggregazione e stabilità delle diverse autonomie.
5 - Molte pedagogie, molti modi di apprendere e di lavorare.
E’ possibile un’alleanza in cui giorno per giorno la scuola fornisca mezzi, strumenti, concetti, scienza per migliorare la comprensione del mondo e arricchire le possibilità di relazione? E viceversa è possibile che l’educazione nei contesti di vita fornisca esperienze, senso, significatività sociale che sono la molla ad impegnarsi nello studio? E’ possibile una scuola che sia prolungamento sociale della cura parentale ed una cura parentale che sappia usare i mezzi intellettuali forniti dalla scuola per migliorare le relazioni tra i giovani e con in i giovani? Bisogna che ci siano ‘prove di dialogo’ tra educatori nel sociale e docenti nelle scuole confrontando le pedagogie nella scuola con le pedagogie fuori della scuola.
6 - Fedi, passioni, intelligenze, sofferte realtà: i motivi dell’impegno
Cosa è che ci muove? E’ il sogno onnipotente di una palingenesi sociale, la speranza metafisica di un giardino pacificato, la fede nel Dio creatore, la forza dei legami e degli affetti? Molte sono le religioni e le fedi, molti i credo ideologici. Nessuna fede è senza sofferenza e senza dubbio. Potrebbe essere bello che ciascuno esprima i propri dubbi, che gridi il proprio dolore: che si dica quanto sia difficile vedere Dio nella vita degradata di milioni di persone, che si dica quanto è difficile credere che l’uomo da solo possa costruire un mondo migliore, che si dica quanto sia difficile sperare nella gloria metafisica.
7 - Luoghi dell’animo, luoghi della città.
Tra la topografia della città e la topologia dell’animo ci sono affinità e segrete corrispondenze, ci sono potenti relazioni alla ricerca di luoghi da abitare e luoghi che chiedono relazioni significative. L’ingegno di organizzare spazi, abitazioni, strade, edifici da vivere e da intersecare con ricche relazioni, l’ingegno di arricchire la propria vita della ricchezza dei luoghi. L’ingegneria e l’architettura civile possono essere egualmente riferite alle abitazioni e alle relazioni sociali. C’è un altro dialogo da aprire tra professioni sociali.

Nessun commento:

Posta un commento